Esattamente un anno fa .

A Firenze in occasione del Festival l’Eredita’ delle Donne,
ho messo in mostra il mio progetto più ardito. Che non ho fatto dall’altra
parte del mondo, dove la Natura non mi ha mai spaventato o lasciato sola, ma
che ho realizzato nel mio studio.

Isolata dal mondo esterno, fondale nero, luce e obiettivo solo
sul viso della donna che stavo ascoltando.

Avevo maturato questo progetto in anni di fotografia e
crescita mia personale
, analisi junghiana e poi coaching.

Sapevo quanto non abbiamo mai vera consapevolezza della
nostra immagine, distratti dal mondo, dalla vita che ci rimanda specchi di noi
frammentati e spesso svalutanti.

Avevo assistito a quella luce improvvisa che illumina i
volti quando si rilassano e si ritrovano.

Una magia velocissima, che se riesci a cogliere, ti fa amare
e fare pace con te stesso.

Qualche mese prima avevo incontrato un gruppo di donne molto
interessante. Imprenditrici di sé stesse. Lavori e interessi diversi,
accomunate da una mente aperta e curiosa. Pane per i miei denti.

Ho chiesto ad ognuna di portare in studio il proprio dolore originario,
quello che aveva dato loro l’indirizzo personalissimo alla propria esistenza.

Lo abbiamo tutti. Chi si è sempre sentito orfano, chi non si è mai sentito capito
…Tutti. Uomini, donne.

Io avevo incontrato queste donne veramente interessanti ed ho iniziato da loro.
Coraggiosissime. Che si sono denudate e svuotate per fare il punto.

Perché molto spesso, ripercorrendo gli inizi, visualizzando i percorsi, le cadute e le vittorie,
ci si accorge che quel dolore non esiste più. E’ solo nel ricordo.

Finchè non realizzi questo, ogni volta che sarai in crisi, tornerà prepotente come fosse ancora reale.

E capirlo libera. Fa fare un salto in avanti meraviglioso.

Esattamente un anno fa, dunque, ero a Firenze ed esponevo al pubblico il mio lavoro.

C’era silenzio in quelle sale affrescate di Palazzo
Ruccellai, rotto da musica bellissima che invitava al rispetto di queste anime/volti che si erano così esposti.

Il palazzo antico, tre piani di scale bui, anticipavano l’ingresso dentro se stessi.

Le persone salivano, in silenzio, camminavano tra le opere,
si fermavano, spesso si commuovevano. Si sedevano, mi facevano tante domande e
faticavano ad andarsene.

Avevo creato in quel luogo con loro un legame profondo.
Perché quando tocchi l’animo umano, se hai l’agio di farlo
con delicatezza e rispetto, ti torna indietro un’onda di amore e gratitudine enorme.

Esattamente un anno fa ho ufficializzato un modo mio di lavorare che tenevo nel cassetto da troppo tempo.
E farlo a Firenze, in occasione del Festival L’Eredita’ delle Donne, portato in Italia da Serena Dandini,
in questa città nella quale sognavo da adolescente di frequentare l’università, con Palazzo Strozzi a due passi
e Marina Abramovic in mostra, è stato il battesimo più bello potessi immaginare.

E di questo ringrazio Patrizia Corradetti per avermi presentato Elena Ghisellini, che mi ha aperto le porte del suo atelier;
ringrazio le magnifiche donne che mi hanno aperto con fiducia il loro cuore;
Inna Apekina che è stata la compagna che tutti vorremmo avere;
Claudio Palmisano perché con lui tutto mi è sembrato più bello;
e me stessa per averci creduto.

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